La Sarracenia fu scoperta già nel 16° secolo per opera di Cristoforo Colombo in occasione della scoperta dell'America,
ma solo agli inizi del 600, fu descritta dal botanico francese Carolus Clusius, che aveva ricevuto per
l'occasione un esemplare essiccato di quella poi avrebbe preso il nome di Sarracenia purpurea subsp. purpurea.
Nella metà del 1700, il naturalista inglese Mark Catesby, iniziò a descrive nuove specie di questa strana pianta Americana, riportando nei suoi scritti che all'interno delle lunghe foglie, gli insetti vi trovavano rifugio. Lo scrittore e naturalista James MacBride agli inizi del 1800, osservando con più attenzione il comportamento degli insetti, si rese conto che questi venivano attirati dal nettare prodotto dalla pianta, e a differenza di ciò che sosteneva Catesbych, rimanendo intrappolati tra le foglie, fino alla morte. Solo alla fine del 1800, JH Mellichamp e WM Canby, dopo approfonditi studi, arriavarono alla conclusione che il liquido prodotto dalla Sarracenia accellerava in qualche modo la decomposizione degli insetti presenti tra le sue foglie. Si deve però allo scienziato CA Fenner nel 1904, la definitiva ed inconfutabile certezza che la Sarracenia potesse essere in grado di catturare e digerire le prede intrappolate. La “Sarracenia” deve il suo nome a Michel Sarrazin, uno scienziato canadese che nel 18° secolo descrisse in maniera molto dettagliata le caratteristiche morfologiche di questa pianta, portandone alcuni esemplari in Europa al fine di essere studiate e classificate. |