L’obbiettivo primario di un seme è senza ombra di dubbio quello di garantire la continuità della specie.
Le fasi successive alla germinazione sono però le più critiche per il nuovo individuo nato dal seme e proprio per queste ragioni la germinazione deve avvenire in concomitanza di condizioni climatiche idonee al corretto sviluppo delle giovani plantule. Ecco quindi che il seme ortodosso deve necessariamente essere provvisto di particolari meccanismi che gli permettono di capire il trascorrere delle stagioni, i mutamenti dei fotoperiodi e di percepire le condizioni climatiche che lo circondano. Questo non è però a volte del tutto sufficiente, il seme deve essere in grado di evitare comunque la germinazione anche se le condizioni climatiche sono perfette, ma che potrebbero rivelarsi avverse nel periodo successivo. Ecco che entrano in gioco la quiescenza e la dormienza. Nel primo caso, la quiescenza è uno stato di sospensione reversibile di tutti quei processi vitali fondamentali nello sviluppo di un organismo vivente. Il seme riesce quindi pur rimanendo vitale ad aspettare le condizioni climatiche idonee alla germinazione. La dormienza invece, è un periodo di inattività di crescita delle strutture vegetali una sorta di stallo del seme che pur avendo condizioni climatiche favorevoli, non riesce però a germinare a causa di fattori interni al seme stesso. E' quindi una caratteristica controllata a livello genetico che interagisce con i fattori ambientali esterni al seme. Le cause che inducono il seme alla dormienza sono due, una legata ai tegumenti e l’altra all’embrione. Nel primo caso i tegumenti impermeabili all’acqua e troppo rigidi e resistenti, imprigionano dentro di loro l’embrione impedendogli di germinare: questo tipo di dormienza è chiamata “tegumentaria”. Nel secondo caso i tegumenti non oppongono resistenza e lo stato di dormienza dipende solo dall’embrione che anche se maturo morfologicamente è fisiologicamente incapace di riprendere la crescita. Questo tipo di dormienza molto più raro rispetto al precedente, prende il nome di “embrionaria”. In natura la dormienza di un seme può essere interrotta da microrganismi come funghi e batteri o dai succhi gastrici di piccoli animali. A volte è sufficiente l’abrasione del tegumento mentre il seme rotola sul terreno, trasportato dal vento oppure dall’intercalare del gelo e disgelo. In alcuni casi anche l’acqua o il fuoco contribuiscono all’interruzione naturale della dormienza. In coltivazione si usano svariate tecniche per interrompere la dormienza di un seme. Tra le più classiche si possono ricordare quelle di scarficazione, stratificazione o estivazione, senza tralasciare la tecnica che vede l'utilizzo di acidi come ad esempio l’acido Gibellerico AG3. Anche la luce può influire sulla dormienza, non tanto come fattore energetico ma quanto a livello messaggistico. In base a quest'ultima caratteristica, i semi si posso dividere in: Semi a fotosensibilità positiva, quando questi hanno bisogno della luce per interrompere la dormienza. Semi a fotosensibilità negativa, quando per terminare la dormienza hanno invece bisogno del buio. Semi non fotosensibili, quando l’assenza o la presenza della luce è sostanzialmente indifferente per porre fine alla dormienza. Per comprendere meglio i concetti fino a qui espressi, proviamo a fare un semplice esempio. Una Sarracenia fiorisce ad aprile, i suoi fiori sono in qualche modo fecondati e verso il finire dell’estate i semi sono maturi. Una volta che l’ovario si rompe, i semi rotolano a terra pronti a germinare: ma nella realtà ciò non accade. Supponiamo invece questo accada e che dopo una ventina di giorni i semi diano vita a nuove e giovani plantule. Siamo ormai alle porte dell’autunno e le condizioni climatiche diventano sempre meno favorevoli per la crescita delle giovani Sarracenie, anzi con l’arrivo dell’inverno queste diventano addirittura dando i nuovi individui poche possibilità di superare i mesi invernali. Questa è la ragione per la quale il seme della Sarracenia è generato dormiente, ciò incapace di germinare anche se le condizioni climatiche di fine estate sono ottimali. Saranno l’alternanza di gelo e disgelo durante l’inverno a produrre la spaccatura del tegumento e a permettere il risveglio del seme con l'arrivo della primavera. Germinando in questo periodo dell'anno, le giovani plantule avranno così tutto il tempo di crescere e di irrobustirsi prima dell'arrivo della stagione fredda. Un seme recalcitrante invece, come ad esempio quello di una Drosera tropicale non ha certamente tutti questi problemi. Nelle regioni tropicali, le temperature ed i fotoperiodi sono ottimali per la germinazione in qualsiasi momento dell’anno. Per questa ragione questi semi una volta arrivati sul terreno, possono germinare tranquillamente senza mettere a repentaglio la vita nel nuovo individuo. |