La trappola




La Dionaea muscipula, può essere riconosciuta come una meraviglia d'ingegneria elettrica, meccanica e biochimica.
Come sosteneva Darwin, il movimento repentino della trappola di questa pianta carnivora è una delle cose più belle della terra.
La velocità fulminea di chiusura della sua trappola è di poco superiore a 0,1 secondo, senza dubbio un tempo di reazione tra i più veloci in tutto il regno vegetale.
Il processo meccanico-elettrico che caratterizza la chiusura della trappola della Dionaea muscipula, ha incuriosito ed affascinato moltissimi studiosi dalla fine del 1870 fino ai giorni nostri.
Proviamo per un attimo a lavorare di fantasia, ed immaginiamo di trovarci in una torbiera paludosa e di osservare una Dionea muscipula.
La pianta aspetta con pazienza, mentre la sua preda si aggira tra le foglie, ignara che il pericolo si nasconde proprio lì, a pochi centimetri di distanza.
Attirata dalle dolci fragranze emesse dalla pianta, l'insetto inizia a girovagare all’interno della trappola senza rendersi conto di aver commesso un errore che si rileverà fatale.
La pianta sembra prepararsi all’attacco e quando l'insetto urta un secondo pelo, in poche frazioni di secondo la trappola scatta e si serra attorno al corpo dell'insetto.
Dopo una lotta breve ed impari, la preda soccombe e la pianta inizia a digerire il suo lauto pasto.
Torniamo alla realtà e cerchiamo di capire come funziona realmente la trappola della Dionaea muscipula.
L'intera fase di cattura avviene grazie a dei semplici processi meccanici e chimici.
A differenza dell'essere umano, le piante non possiedono un cervello e neppure un sistema nervoso per coordinare le loro funzioni fisiologiche e cognitive.
In questo caso viene spontaneo chiederci come possa un vegetale riconoscere e percepire la presenza di una preda nella sua trappola e come possa calcolare il momento preciso per far scattare la trappola.
Per comprendere al meglio come questo possa accadere ed apprezzare quindi la stupefacente potenzialità di questa pianta nel catturare le sue prede è indispensabile conoscere la struttura morfologica della sua trappola.
Questa è formata da una nervatura centrale che unisce due lobi fogliari con un'angolatura che varia dai 45° ai 90°.
I lobi sono composti al loro interno da numerosissime cellule in grado di contenere acqua compressa e di cederla in poche frazioni di secondi modificando semplicemente la loro struttura permeabile.
I lobi contengono fino a cinque strati di questo tessuto acquoso in prossimità della base, mentre all’estremità lo strato di tessuto è notevolmente ridotto o quasi assente.
Il margine opposto alla nervatura è arcuato e sormontato ciglia normalmente rivolte verso l'interno della trappola.
Nella parte centrale di ogni lobo si trovano dei peli sensori chiamati "Trigger"... i ricettori della pianta.
Lungo le pareti interne in prossimità dei margine della trappola sono presenti delle ghiandole che provvedono alla produzione di una sostanza zuccherina che ha la funzione di attrarre gli insetti.
Quasi sempre l'interno della trappola assume una colorazione rossa intensa, mentre il bordo e la parte esterna hanno un colore verde, la gradazione di questi colori può varia a secondo del periodo di sviluppo della pianta.
Dietro al semplice movimento repentino dei lobi che chiudendosi catturano la preda, vi è un qualche cosa di molto più sofisticato ed affascinante, un mixer di segnali elettrici che interagiscono con armonia orchestrale assieme alle cellule acquose presenti nei lobi della trappola.
Ora, supponiamo nuovamente che un insetto si posi su di un lobo della trappola.
Sicuramente alla fine andrà ad “inciampare" in uno dei tre trigger presenti sul suo cammino.
Il recettore urtato dall'insetto si flette e trascodifica il movimento meccanico in un impulso elettrico.
Le cellule acquose che compongono i lobi, richiedono questo segnale per poter innescare a loro volta quel procedimento chimico che porterà alla chiusura della trappola.
Affinchè il segnale elettrico possa essere recepito dalle cellule, questo deve superare una soglia d'innesco che non viene mai superata da un singolo segnale.


Non avendo raggiunto la soglia richiesta, la carica elettrica innescata dal trigger tende ad esaurirsi fino a neutralizzarsi dopo circa 30-35 secondi.
Supponiamo che dopo tale intervallo, il nostro insetto tocchi nuovamente un trigger, non necessariamente il precedente.
Un nuovo impulso elettrico viene irradiato verso le cellule ma anche questa volta non raggiunge la soglia richiesta e si neutralizza.


Vediamo ora cosa succede se la preda urta nuovamente un trigger prima che l’ultimo segnale elettrico abbia esaurito completamente la sua carica.
Un ennesimo impulso è emesso dal recettore.
Non essendosi esaurito completamente il segnale elettrico precedente, il nuovo impulso si va a sommare al vecchio, raggiungendo e superando la soglia d'innesco.
Ora l’impulso elettrico e sufficiente a raggiungere le cellule acquose e ad innescare il processo chimico che permette di far chiudere su se stessi i due lobi.



Funzionamento della trappola

Il fatto che un singolo impulso non sia sufficiente a superare la soglia d'innesco potrebbe apparire a prima vista come un deficit della trappola, ma in realtà rappresenta un ottimo stratagemma da parte della pianta.
Se nell'arco di 30-35 secondi viene "toccato" solamente un trigger, ciò significa che presumibilmente a farlo sia stato qualche cosa di inanimato, come ad esempio un granello di sabbia o una goccia d'acqua.
Al contrario, uno o più trigger sollecitati nell'arco di un breve tempo, sono un chiaro segnale per la pianta... con buona probabilità, qualche cosa di vivo sta scorrazzando tra le sue foglie.
Questo semplice stratagemma è adottato dalla pianta per evitare che le trappole scattino a causa di falsi alarmi.
Questa mossa strategica riveste un ruolo di vitale importanza, poiché chidere la trappola ed avviare i processi digestivi, implica per la pianta, un dispendio di energia che non può permettersi di sprecare, pena anche la morte.
Torniamo al funzionamento della trappola.
Superata la soglia d'innesco, l'impulso elettrico si dirama lungo tutta la superficie della trappola liberando ioni che attraversano le membrane delle cellula acquose presenti nei lobi.
Queste, grazie ad un sofisticato processo chimico, perdono la loro permeabilità cedendo istantaneamente l'acqua presente al loro interno.
Le cellule perdono turgore, e di conseguenza si perde anche la pressione che manteneva i due lobi aperti in tensione.
Risultato finale... i lobi scattano all'unisono chiudendosi sulla preda in poco meno di un decimo di secondo.
La chiusura della trappola, prevede quattro fasi ben distinte che ne modificano la struttura.
Queste fasi sono state studiate nel 1991 da Fagerberg e Allain e si possono rappresentare come segue.

"Open"

La trappola è aperta con i lobi leggermente ricurvi verso l'esterno in attesa della preda.
"Capture"

E' la fase di chiusura dopo la stimolazione dei trigger, l'unica fase veloce e fulminea, in meno di un secondo i lobi si chiudono verso l'interno intrappolando la preda.
Entrano in gioco in questa fase le ciglia poste ai lati dei lobi, queste fungono da gabbia per evitare che la preda possa fuggire nel lasso di tempo che intercorre tra la chiusura della trappola e la fase successiva.
"Appression"

Questa rappresenta una fase importante, quella durante la quale i due lobi si serrano ermeticamente tra loro.
"Sealed"

In questa ultima fase, i margini dei lobi si appiattiscono fino a saldarsi gli uni agli altri formando una sorta di sacca sigillata che racchiude la preda catturata.
Questo per evitare che i succhi gastrici entrati in azione per digerire la preda, possano fuoriuscire dalla trappola, ma sopratutto per scongiurare il pericolo che agenti patogeni, quali muffe e funghi, possano insinuarsi nella trappola e proliferare grazie alla decomposizione della preda, se questo accadesse, gli agenti patogeni porterebbero in breve tempo al marciume della trappola.

Una volta che l'insetto è ben sigillato all’interno della trappola, questa si trasforma in un vero e proprio stomaco in miniatura proprio come quello di un essere umano.
Grazie a microscopiche ghiandole digestive sparse sulla parte interna dei lobi, la pianta inizia a secernere succhi gastrici acidi che:
A) Agiscono come antisettico, uccidendo e sopprimendo eventuali batteri inavvertitamente rimasti sigillati assieme alla preda.
B) Sciolgono i tessuti molli delle membrane cellulari della preda.
C) Digeriescono enzimaticamente il DNA, gli aminoacidi e altre molecole cellulari in piccolissime parti assimilabili dalla pianta.
La preda rimane immersa in questi liquidi digestivi per un tempo che può variare dai 5 ai 12 giorni, questo periodo dipende da svariati fattori tra i quali:
A) Dimensione della preda, tanto più è grande, maggiore sarà il tempo impiegato per la sua digestione.
B) Età della trappola, ad ogni cattura, la quantità di liquido digestivo diventerà sempre minore fino al suo esaurimento.
C) Temperatura dell’aria, se queste risultano elevate aumentano il tempo necessario alla pianta per digerire la preda.
Il processo digestivo non termina fino a quando della preda catturata ne rimarrà unicamente il suo esoscheletro. Una volta che i nutrienti sono esauriti, la pianta provvede a riassorbire i succhi gastrici che utilizzerà per una successiva cattura preparandosi alla riapertura della trappola, processo che segue esattamente in senso inverso rispetto alle quattro fasi della chiusura.
Dalla fase di "Sealed", si passa a quella di "Deappression" che può durare diverse ore, periodo durante il quale la pianta possa in qualche modo riconfigurare la forma originale della trappola.
Nella fase "Release" avviene la separazione dei lobi, mentre in quella chiamata "Open" i lobi si flettono e si stendono verso l'esterno fino ad assumere una approssimativa posizione iniziale.
Diciamo approssimativa perchè una trappola che ha attraversato un evento di chiusura, non potrà mai riassumere la sua forma originale. Per questa ragione, osservando una Dionaea muscipula si potrà facilmente riconoscere una trappola ancora in attesa della sua prima preda (i lobi sono piegati verso l'interno) da una trappola con esperienza di cattura (i lobi sono piegati verso l'esterno).
Nonostante la Dionaea muscipula sia un'abile cacciatrice, a volte le grosse prede posso divenire per la pianta un serio problema.
La dimensione ideale di una preda dovrebbe essere infatti pari a circa un terzo di quella della trappola.
Prede con dimensioni troppo grosse, impediscono la chiusura ermetica della trappola durante la fase di "Sealed" con le conseguenze viste in precedenza.
Anche gli agenti atmosferici possono interferire sulla perfetta funzionalità della trappola.
Nel caso in cui la temperatura dell'aria superi i 36° - 37° , la trappola può scattare alla prima sollecitazione del trigger.
Se poi ci troviamo in un ambiente acido con un valore inferiore a 4,5 Ph, la trappola può attivarsi adirittura senza nessuna stimolazione dei trigger.
Ragnetto rosso tra
le ghiandole digestive
Le trappole non hanno una vita eterna, la natura le ha progettate con obsolescenza programmata.
Dopo 10-12 chiusure (parziali o totali), le trappole perdono la capacità di catturare, rimangono aperte ed inerti, dedicandosi unicamente al processo di fotosintesi per il resto della loro vita, un periodo stimato dai 2 ai 3 mesi.
Il meccanismo che permetta alla Dionaea muscipula di catturare le sue prede, è presente unicamente nella trappola ed è completamente indipendente dal resto della pianta.



Il video che segue mostra come la trappola si chiede ad una sollecitazione manuale, nonostante la foglia sia stata recisa.


Limmagine che segue mostra una preda parzialmente intrappolata e parzialmente digerita.

Il video che segue, mostra la probabile visuale di una preda all'interno di una trappola di una Dionaea muscipula