Per una pianta carnivora la produzione di enzimi specializzati nella digestione delle prede, è sicuramente un’attività
che sottrae loro una certa quantità di energie che potrebbero invece essere utilizzate per altri scopi come ad
esempio la fioritura o il loro sviluppo.
Le piante appartenenti alla classe delle proto carnivore, non hanno certo questo tipo di problematica, si affidano infatti, come abbiamo visto nelle precedenti pagine, a terzi per la digestione delle prede da loro catturate, evitando quindi dispendi di energie. Potrebbe essere un discorso fantascientifico , ma sembra proprio che alcune piante carnivore stiano “pensando” di schierarsi dalla parte delle proto carnivore per ottenere benefici in termini alimentari con il minor spreco di energie. Prendiamo come esempio la Nepenthes lowii, una pianta che come tutte le altre Nepenthaceae, produce un particolare liquido carico di enzimi che si deposita sul fondo dei suoi ascidi e che grazie a questo “cocktail digestivo” riesce a digerire le sue prede assimilandone poi tutti i nutrienti risultanti dalla digestione. Ebbene la Nepenthes lowii sembra portata a divenire a tutti gli effetti una pianta proto carnivora. Sul peristoma dei suoi ascidi, la pianta secerne una sorta di liquido dalle proprietà particolarmente lassative. Uccelli e piccoli roditori, attratti dai profumi della trappola, si cibano di questo liquido, evacuando quasi all'istante i loro escrementi che una volta caduti sul fondo dell'ascidio, diventano cibo immediato per la pianta. Altro esempio di questo fenomeno è rappresentato dalla Nepenthes ampullaria. Nonostante questa pianta sia in grado a tutti gli effetti di digerire in modo autonomo le prede catturate, sembra prediligere altre strategie alimentari. La Nepenthes ampullaria vive prevalentemente nelle foreste tropicali al riparo di grossi alberi le cui foglie cadendo ricoprono il terreno attorno a queste piante. Qui, alcuni organismi endbionti (organismi che vivono all'interno del substrato quali ad esempio larve di zanzara) provvedono mediante i loro escrementi ad arricchire di azoto e ioni di ammonio il terreno sul quale vivono in simbiosi con la Nepenthes ampullaria. Studi effettuati nel corso di questi ultimi anni, hanno dimostrato (per quelle piante di Nepenthes ampullaria che vivono all’ombra di alberi) l’aumento esponenziale della percentuale di azoto che questa specie carnivora assimila dal terreno. Anche la Utricularia purpurea altro genere di piante notoriamente carnivoro, sembrerebbe perdere parzialmente il suo “appetito carnivoro”. Nella sua trappola a vescica, trovano infatti ospitalità una comunità di alghe (zooplancton) e questo da luogo ad un ipotesi di una interazione mutualistica tra questa pianta carnivora e le alghe che ospita che tende a sostituire il primordiale rapporto predatore-preda. La tendenza delle piante carnivore a spostarsi verso il mondo delle protocarnivore, non è dovuto solo ad un fatto di risparmio energetico. Recenti studi hanno evidenziato come anche il forte inquinamento di questi ultimi anni abbaino spinto per esempio le Drosere che vivono in ambienti altamente industrializzati, a modificare la loro dieta alimentare. L’inquinamento porta ad avere piogge “sporche” che inevitabilmente innalzano le quantità di azoto nei terreni. Le Drosere che vivono quindi in questi terreni, tendono a catturare meno prede e a seguire una dieta più «vegetariana» attingendo dal suolo l’azoto prodotto dalle piogge acide, con evidente risparmi energetico da parte della pianta stessa. Come in ogni caso, anche in questo abbiamo però il rovescio della medaglia. Osservando ad esempio alcune Drosera rotundifolia si può notare una visibile decolorazione delle loro foglie, probabilmente dovuta alla nuova dieta “vegetariana” a basa di azoto ma con scarsi nutrienti, elementi questi che venivano assorbiti in maggior quantità con la digestione delle prede. Quanto visto è quindi un chiaro esempio di come alcune piante carnivore si stiano effettivamente evolvendo verso il mondo delle proto carnivore. |