Nella torbiera il silenzio regnava solenne, interrotto solamente
dal ronzio di un piccolo insetto.
Lei, la Drosera, la regina di quei luoghi così inospitali per molti altri vegetali, attendeva paziente e silenziosa la sua preda. Ben presto l'attenzione dell'insetto, viene attirata da uno strano luccichio, del tutto simile a quello che ricorda le gocce di rugiada. Sfortunatamente per l'insetto, non si tratta di rugiada ma gocce di sostanze collose che ricoprono le foglie della Drosera. I meccanismi di cattura e digestione della Drosera sono attuati grazie ad una serie di particolari ghiandole che ricoprono interamente la lamine delle sue foglie. Normalmente, questa pianta carnivora, possiede due tipi di ghiandole, le secretorie e le sessili, anche se queste ultime non sono sempre presenti come ad esempio nel caso della Drosera erythrorhiza. Nella maggior parte di queste specie, è presente però un ulteriore tipo di ghiandola, denominata tentacolare. Questa porticolare e complessa ghiandola, è collegata alla foglia tramite un sottile gambo che contiene al suo interno una o due file di tessuti conduttori terminanti con sottili fasce vascolari circondate da un'area chiamata zona endodermide e che a seconda della specie, può assumere una consistenza trasparente oppure una colorazione rossastra o verde. Le fasce vascolari sono ricoperte da cellule secretorie chiamate cellule parenchimali che secernano mucillagine ed enzimi proteolitici, cioè gli enzimi in grado chimicamente di disgregare le proteine. A nulla valgono i suoi tentativi di fuga, anzi i bruschi movimenti dell'insetto innescano un processo che portano le ghiandole secretorie a piegarsi sul malcapitato, aumentano nel contempo la produzione del liquido colloso. Nel caso l'insetto fosse "atterrato" sui bordi della foglie, ecco che entrano in azione le ghiandole tentacolari, veri e propri tentacoli che piegandosi spingono la preda nella zona centrale della fpglia permettendo ai succhi gastrici di digerire meglio la preda. Ben presto, queste ghiandole aggiungono al liquido vischioso un altro elemento ben più complesso, un mix micidiale di enzimi composto da proteasi (un potente enzima che è in grado di catalizzare la rottura del legame peptidico tra il gruppo amminico e il gruppo carbossilico delle proteine), da fosfatasi acida ad ampio spettro, da perossidasi e da esterasi. Passano inesorabili ed interminabili minuti (generalmente dai 15 ai 20 minuti) e alla fine, l'insetto soccombere alla morte per esaurimento ma sopratutto per soffocamento. Nelle fasi successive il micidiale cocktail di enzimi inizia il suo compito... dissolvere il corpo dell'insetto. Queste ghiandole rivestono un ruolo estremamente importante nell'intero processo digestivo, hanno infatti il delicato compito di assorbire le sostanze nutritive risultato della precedente digestione della preda. Le ghiandole sessili che sono sparse lungo tutta la superficie della lamina fogliare, sono composte da una testa a loro volta formata da due strati di cellule. Il primo strato, quello più esterno è composto da due cellule ghiandolari che presentano una forma quasi sferica ed una parete cellulare estremamente sottile che permette l'assunzione delle sostanze digerite. Il secondo strato le cui dimensioni delle cellule sono più piccole rispetto alle precedenti, è costituito a sua volta da due gruppi di due cellule chiamate rispettivamente cellule basali e cellule peduncole. I due strati appoggiano direttamente appoggiate sull'epidermide. Quando i nutrienti derivati dalla digestione dell'insetto sono esaurite, la foglia si riapre e le ghiandole secretorie si distendono nuovamente nell'attesa di una nuova preda. Del nostro insetto, come nel caso delle altre specie carnivore, non rimane altro che il suo esoscheletro che rimarrà lì sulla foglia, fino a quando una volta divenuto secco, verrà spazzato via dal vento o dalla pioggia. |