La Dionaea muscipula è indubbiamente tra le specie carnivore, la pianta che più incuriosisce
scienziati e studiosi botanici sia per le sue strategie di cattura ma soprattutto per come riesce a digerisce le sue prede.
Per capire al meglio le varie fasi che ci portano dalla cattura dell'insetto, fino alla sua completa digestione, proviamo ad immaginare di trovarci nel bel mezzo di una torbiera ed osservare un piccolo insetto che ignaro di ciò che il destino gli ha riservato, si aggira tra le innumerevoli trappole di Dionaea muscipula, piante che come sappiamo colonizzano questi particolari luoghi palustri. L'insetto inizia a "passeggiare" sui lobi aperti della trappola ed inevitabilmente urta un primo trigger. Nei successivi 30-40 secondi, l'insetto decide la sua sorte, un destino che però solitamente è destinato ad un macabro epilogo, infatti l'insetto, ingolosito dai profumi della trappola continua a vagare sulla superficie della trappola incappando quasi subito in un secondo trigger. La trappola scatta serrandosi sull'insetto ed imprigionando al suo interno. Se l'insetto fosse in grado di comprendere il concetto di "panico" e conoscesse a pieno il funzionamento della trappola in cui è imprigionato, avrebbe sicuramente una buona possibilità di salvarsi. Infatti, è solamente dopo il terzo contatto con un trigger che la pianta inizia ad attivare tutto ciò che le serve per innescare il processo digestivo. Nessun movimento all'interno della trappola dopo il secondo contatto di un trigger, significa per la pianta aver perso la preda, e ad indurla a riaprire la trappola in attesa di nuove prede. L'insetto però, nel tentativo di liberarsi inizia a dibattersi freneticamente all'interno della trappola ormai chiusa urtando più volte i trigger che liberano raffiche di impulsi elettrici che attivano la produzione da parte della pianta di un particolare ormone... l'jasmonate. l'Jasmonate è un composto organico volatile derivato da acido jasmonico che normalmente le piante producono in risposta a svariati tipi di stress di tipo biotici, derivanti dall’azione di organismi terzi come ad esempio parassiti o erbivori che danneggiano la pianta, o di tipo abiotici, rappresentati da carenze o eccessi di sostanza abiotiche, quali i nutrienti come ad esempio l’approvvigionamento idrico. Questa sostanza attiva particolari geni inibitori di proteinasi che interferiscono con il processo digestivo degli insetti assalitori, scoraggiandoli nel cibarsi della pianta. Per fare un esempio, quando una foglia viene morsa da un bruco, la pianta rilascia una certa quantità di Jasmonate, che innesca come risposta difensiva... la produzione di veleno che allontana il bruco. La Dionaea muscipula nel corso della sua evoluzione, ha sostanzialmente rivoluzionato il concetto di utilizzo di questo ormone, l'Jasmonate viene infatti impiegato da questa pianta carnivora per attivare altre ghiandole che hanno il compito di secernere gli enzimi digestivi. Più l'insetto si divincola, più i trigger urtati sollecitano la produzione di Jasmonate e di conseguenza gli enzimi digestivi. Studi effettuati su questa pianta carnivora, hanno rilevato che la regolazione degli enzimi digestivi non deriva però unicamente dalla sollecitazione dei trigger. La Dionaea muscipula come altre piante, possiede particolari recettori in grado di riconoscere la "Chitina", una sostanza scoperta nel 1811 dal farmacista francese Henri Braconnot che risulta essere uno dei principali componenti che formano l'esoscheletro degli insetti. Per le piante non carnivore, riconoscere questa sostanza è un ulteriore processo difensivo, un campanello d'allarme che avverte la pianta mettendola in guardia contro potenziali insetti predatori che la stanno attaccando. Grazie alla rilevazione di Chitina all'interno della trappola, la Dionaea muscipula è in grado invece di identificare ciò che ha catturato e di stimarne il suo valore nutritivo decidendo di conseguenza la quantità ed il tipo di enzimi da utilizzare per poter digerire la preda in modo efficiente. Grazie a questi recettori inoltre, la pianta è in grado non solo di innescare la fase digestiva ma di proseguirla nel caso in cui improvvisamente l'insetto dovesse morire interrompendo la sollecitazione dei trigger. Una volta sicura della presenza di "cibo" all'interno della sua trappola, per la Dionaea muscipula può iniziare finalmente la vera e propria fase digestiva. Dopo un lasso di tempo variabile tra le sei e le sette ore, i lobi della trappola si saldano fra loro formando un sacca ermetica, mentre le ghiandole digestive iniziano ad attivarsi. Il primo strato (A nella foto a destra), quello più esterno, è costituito da cellule specializzate nella produzione di enzimi digestivi, la parte centrale della ghiandola invece (B nella foto a destra), è composta da cellule il cui scopo è quello di assorbire i nutrienti risultanti dalla digestione della preda. Lo strato più interno (C nella foto a destra), è costituito da cellule concepite per fornire grasso ed energia ai due strati cellulari più esterni. Ritorniamo al nostro insetto stremato dalla fatica e rinchiuso in quello che si è trasformato in un vero e proprio "stomaco vegetale". Con il passar del tempo, la trappola perfettamente sigillata diventa satura di liquido enzimatico che ovviamente sottrae aria al suo interno, una condizione che porta ben presto al decesso dell'insetto per asfissia. Una morte che indubbiamente ci appare crudele ma che in realtà evita alla sventurata preda un destino ben peggiore... essere digerita viva. Come è composto il liquido digestivo prodotto da queste particolari ghiandole? La composizione proteica del liquido secreto dalla Dionaea muscipula è stato analizzato utilizzando l’applicazione della spettrometria di massa, che ha in questo modo ha permesso l'identificazione e la classificazione di una grande quantità di enzimi idrolitici che compongono il micidiale cocktail digerente. Tra i principali elementi che compongono il liquido digestivo, troviamo la chitinasi una sostanza che la pianta utilizza per abbattere la chitina, una delle componente base degli esoscheletri degli insetti. Vi è la presenza di proteasi, un enzima che è in grado di catalizzare la rottura del legame peptidico tra il gruppo amminico e il gruppo carbossilico delle proteine. Un altro particolare enzima di cui è composto il liquido prodotto dalle ghiandole digestive, è la nucleasi, un enzima capace di idrolizzare i legami fosfodiestere fra le subunità nucleotidiche degli acidi nucleici. Tutti questi enzimi agiscono all’unisono per disgregare la preda facilitando alla pianta l’assorbimento dei nutrienti necessari alla sua integrazione alimentare. Inoltre, oltre ad avere la proprietà di sciogliere i tessuti molli e le membrane cellulari della preda, questi enzimi vengono utilizzati dalla pianta come antisettico. Pericolosi batteri portati all'interno della trappola dall'insetto infatti potrebbero in qualche modo danneggiare la trappola, un pericolo scongiurato appunto dalle proprietà antisettiche del liquido digestivo. Torniamo nuovamente alle sorti del nostro insetto ormai privo di vita. Durante i giorni che seguono, la trappola rimane saldamente chiusa attorno al suo corpo, continuando a secernere grandi quantità di enzimi digestivi. La parte centrale delle ghiandole digestive proseguono senza sosta ad assimilare le sostanze derivanti dal processo digestivo, sostanze come ad esempio carbonio, azoto, fosforo, zolfo ed altre di livello secondario. Recenti studi hanno rilevato che con molta probabilità, parte del sodio derivante dalla digestione della preda, viene assimilato dalla pianta per mantenere l'equilibrio idrico all'interno delle pareti cellulari delle trappole. Il tempo impiegato dalla pianta per digerire completamente il nostro insetto dipende dalle sue dimensioni, dall’età della trappola, e dalla temperatura ambientale. Più grandi sono le dimensione dell'insetto, più tempo ovviamente la pianta impiegherà a digerirne il corpo, più vecchia è la trappola, tanto più lentamente saranno prodotti invece gli enzimi digestivi. Anche la temperatura come detto, incide sulla digestione, più questa è elevata, tanto più velocemente la pianta porterà a termine l’intero processo digestivo. I giorni trascorrono lentamente, mentre il corpo dell'insetto viene progressivamente sgretolato dai succhi gastrici il cui flusso è gestito e regolato dai recettori di chitina. La mancata rilevazione di questa sostanza avvisa le cellule digestive che non vi è più nulla da digerire. Solo allora le ghiandole terminano la produzione di liquido digestivo, il cui residuo viene riassorbito dalla pianta, dando così via libera per la riapertura della trappola. Quello che rimane del nostro povero insetto, è solamente il suo esoscheletro, ma per lui le sue peripezie non sono ancora terminate. In natura infatti, l'esoscheletro della preda rimane spesso in balia di formiche e ragni che banchettando con quel poco che ne rimane, provvedendo a ripulire la trappola da ciò che rimane del "lauto pranzo". |