L'attrazione degli insetti verso questo incontro potenzialmente mortale è l’abbondante nettare che i grandi baffi producono grazie a particolari ghiandole presenti lungo la loro superficie. Dopo aver planato sui baffi, l’insetto è attirato irresistibilmente verso l’attaccatura di quest’ultimi, proprio in prossimità dell’imbocco della trappola, allettati dall’aroma del nettare sempre più intenso. La parte superiore del cappuccio (l’opercolo) che ricopre l’ingresso della trappola, presenta alcune zone che a causa della scarsa clorofilla, risultano trasparenti e simili a piccole finestrelle che permettono ai raggi solari di filtrare all’interno dell’ascidio. Nel momento in cui l’insetto decide poi di abbandonare l’ascidio, le piccole finestre svolgono questa volta una funzione di “inganno”. La preda le scambia per aperture e spiccando il volo verso di queste, sbatte ripetutamente nella parte interna dell’ascidio, fino a quando stremata, cade verso il fondo della trappola. Nel tentativo di risalire, il malcapitato incontra una zona di “non ritorno” dove irti peli risolti verso il basso ne impediscono o comunque ne complicano la risalita. Dopo innumerevoli ed inutili tentativi per risalire risalire verso la salvezza, la preda cade esausta sul fonde dell’ascidio annegando nel liquido che vi ristagna. Per il malcapitato la “fine” è assicurata… il pasto per la Darlingtonia californica pure. A differenza di molte altre piante carnivore, la Darlingtonia non è in grado di secernere gli enzimi necessari per poter digerire le sue prede. Si avvale quindi di particolari batteri commensali (simbionti), batteri che sono normalmente presenti sulla superficie di determinati tessuti. Per gli ascidi giovani che presentano una bassa altezza, i lunghi baffi si ritrovano adagiati al suolo, permettendo alla pianta di catturare anche insetti striscianti. |