Il "cancro al rizoma" chiamato cosi per il suo modo subdolo di agire, è la malattia più terribile e più temuta tra i coltivatori di Sarracenie. Nel momento in cui questa patologia manifesta i sui sintomi, quasi sempre lo stato di avanzamento è tale da rendere praticamente impossibile ogni intervento per salvare la pianta destinata ormai a morte sicura. E’ quindi indispensabile saperne riconoscere i sintomi ed intervenire tempestivamente nelle prime fasi della malattia, nel tentativo di porvi rimedio per salvare il salvabile. Non si conosce ancora molto riguardo a questa particolare patologia, la sua comparsa è da ricercare in un particolare fungo che tende ad attaccare e a distruggere la Lignina presente nelle cellule del rizoma. Una corretta coltivazione delle nostre Sarracenie sembra essere a tutt'oggi un'ottima soluzione per prevenire la malattia, questo diminuirà sicuramente il rischio che queste vengano colpite dal cancro. Sappiamo bene che durante il periodo del riposo vegetativo, le Sarracenie non necessitano di un abbondante approvvigionamento idrico, dobbiamo però evitare di lasciarle senza acqua. Facendo questo, i rizomi non avrebbero la loro corretta idratazione e quindi, alla ripresa vegetativa i loro tessuti disidratati non saranno più abituati a ricevere acqua, e tenderanno quindi a marcire e ad essere attaccati dal cancro. Nella fase iniziale della malattia il cancro intacca la parte centrale e vitale del rizoma: il “midollo”. Con il passar del tempo, si estende verso le parti periferiche del rizoma fino ad infettare lo “xilema”, una fascia di tessuti vegetali adibiti alla conduzione dell’acqua pescata dalle radici e destinata alle parti fogliari della pianta. E’ a questo punto che insorgono i primi ed inequivocabili segnali di sofferenza della pianta, gli ascidi senza più il corretto e continuo apporto idrico si raggrinziscono, afflosciandosi in pochissimo tempo. E' di vitale importanza quindi riconoscere tempestivamente questi sintomi per tentare di porvi rimedio e salvare la pianta. La prima operazione da svolgere è quella di svasare la pianta e verificare con attenzione lo stato di salute del rizoma. Nel caso in cui la malattia venga diagnosticata tempestivamente e la parte esterna del rizoma si presenta ancora chiara e turgida, Si dovrà fare particolare attenzione affinchè ogni parte malata venga asportata completamente, è sufficiente infatti tralasciare anche una piccola cellula malata per permettere al cancro di ripresentarsi. Viceversa, un intervento tardivo porterà inevitabilmente a conseguenze disastrose, sezionando il rizoma noteremo senza ombra di dubbio che al suo interno tutto è distrutto e ridotto ad una vera e propria poltiglia marrone e spugnosa. In questo caso ogni nostro intervento risulterà impossibile ed inutile... la pianta non avrà più possibilità di sopravvivenza. Quella che segue è la versione integrale di una valida guida redatta e gentilmente concessa da Gianluigi "Er Biconzo" Piegari a www.lepiantecarnivore.it, che spiega come è possibile in alcuni casi curare e debellare il “cancro al rizoma”. di Gianluigi "Er Biconzo" Piegari Le analogie con l'oncologia medica sono molteplici: il nostro bisturi è 1 taglierino ben affilato, la nostra chemioterapia sono i seguenti fungicidi: Procimidone Dodina+bitertanolo previcur Addirittura c'è anche la nostra "radioterapia" rustica: 1 bella sfiammata d'accendino Come prima cosa, 1 volta individuata la pianta malata, si procede all'operazione di asportazione chirurgica della parte malata (ove possibile). Questa operazione aumenta enormemente la percentuale di guarigione in tempi brevi. 1 volta effettuata tale operazione, quando mi va, prendo 1 accendino e do 1 bella "sbruciacchiata" alla parte di rizoma esposta dall'operazione (in questo modo si ammazzano eventuali cellule malate presenti nella zona, la pianta non accusa minimamente, testato diverse volte). Questa operazione l'ho effettuata nel 50% dei casi, ma non ho notato cambiamenti degni di nota rispetto alle piante non "bruciacchiate". Poi si prepara 1 bicchiere pieno di acqua nel quale si scioglie 1 goccio di procimidone (io ho la forma liquida datami da Altair, ho sempre fatto ad occhio) e si mescola x bene: Il procimidone si usa x le marcescenze delle barbibietole e delle tuberose in generale, ed il trattamento avviene proprio x immersione nel concentrato (che è il più rapido, molto più della nebulizzazione su rizoma o foglia) Si lascia il tutto in ammollo per circa 15 minuti, poi si estrae e si lascia sgocciolare. Quando la pianta è "asciutta", si passa 1 bella passata di dodina+bitertanolo (io uso il proclaim combi) su punto di crescita, rizoma (molto bene sulla ferita, che a questo punto si sarà già brunita) e radici, e si lascia di nuovo sgocciolare. La dodina ha la particolarità di essere translaminare, ovvero penetra la cuticola ma resta in sede di nebulizzazione: in questo modo è il candidato ideale da mettere sulla potenziale porta di ingresso del patogeno, ovvero la ferita da divisione. Quando asciutta, si da 1 bella passata di previcur (che è sistemico,ed ottimo contro il phytium) su punto di crescita, rizoma e radici. Poi si invasa il tutto. 1 volta invasato a dovere, do 1 bella nebulizzata al substrato intorno al rizoma. In questo modo riesco a salvare circa il 70-75% delle sarracenie che si ammalano ogni anno. Contrariamente a quanto si pensava, possono ammalarsi anche piante mai divise (quindi la teoria della penetrazione del patogeno al momento della divisione è confutabile), come ho sperimentato a mie spese. Ormai sono solito dare 1 trattamento preventivo di dodina+bitertanolo e previcur (quindi saltando il procimidone, che è troppo aggressivo x essere usato come preventivo) su tutte le sarracenie che mi appresto a rinvasare dopo averle divise, oppure appena mi arrivano x posta, e devo dire che i risultati sono stati molto incoraggianti, le piante trattate preventivamente hanno avuto 1 percentuale di malattia molto vicina allo 0%. Adesso ho in sperimentazione 1 nuovo anticrittogamico, il fosetil alluminio, che oltre ad essere 1 ottimo anticrittogamico sistemico, ha anche la notevole dote di stimolare la pianta a crescere più velocemente, promuovendo la produzione di fenoli ed altri elementi. Vi tengo aggiornati. Avrei voluto scrivere qualcosa di più tecnico, ma purtroppo il tempo è tiranno e quindi dovete accontentarvi di questo qua, ma sono pronto a rimetterci mano e rispondere in modo più dettagliato alle varie domande che vorrete postare. 1 saluto a tutti Gianluigi |